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giovedì 26 maggio 2016

L’evoluzione geologica e il rischio sismico nella catena montuosa dell’Himalaya: l’Everest continua a crescere ?

La cima dell'Everest con i suoi 8848 metri svetta fra le nubi che si formano sul versante sud dell'Himalaya

La catena dell'Himalaya

Da oltre 10 milioni di anni la placca indiana, staccandosi dal blocco di terre emerse che oggi forma l’Africa orientale, ha cominciato a spingersi verso nord, scontrandosi cosi con la placca asiatica, molto più grande, ed insinuandosi al di sotto di quest’ultima, creando cosi il fenomeno della “Subdunzione“. L’inevitabile scontro frontale fra la placca indiana e quella asiatica causarono enormi deformazioni all’interno della crosta terrestre che agevolarono il sollevamento dell’imponente catena montuosa dell’Himalaya. L’enorme pressione esercitata dal processo di “Subduzione“, che vede tuttora la placca indiana muoversi alla velocità considerevole di 20 cm all’ anno sotto quella asiatica, ha prodotto un urto talmente violento che è riuscito a sollevare la crosta asiatica fin dalle sue fondamenta e ha fatto emergere lo strato che si trovava a diretto contatto con il mantello terrestre. Ciò ha portato all’origini dell’Himalaya, la più grande e imponente catena montuosa esistente sulla Terra, con le sue numerose vette che sfondano gli 8000 metri, come l’Everest (non per caso soprannominato il “tetto del mondo”) e il K2 con i loro rispettivi 8848 e 8611 metri. Le stesse dinamiche geologiche, che ormai si ripetono da diversi milioni di anni, stanno contribuendo ad un ulteriore crescita delle vette dell’Himalaya, che diventano sempre più alte.
Secondo diversi geologi tutt’oggi i monti dell’Himalaya crescerebbero ad una velocità di oltre gli 8-10 millimetri l’anno, se la dinamica delle placche fosse l’unico fattore incidente. Quel che blocca la crescita di queste grandi e leggendarie montagne è l’azione, perenne, delle forze erosive, indotte dalle precipitazioni nevose, dai ghiacciai, dai fortissimi venti che urtano e modellano le vette ghiacciate e soprattutto dall’incidenza dei Monsoni, forse i principali responsabili di questa riduzione di dimensione. Ogni anno le enormi piogge, con apporti che possono superare i 10.000 mm annui, che vengono scaricate dagli umidi venti monsonici che impattano sui versanti meridionali della catena himalayana determinano enormi smottamenti e movimenti franosi, anche di grandi dimensioni, per non parlare dell’erosione innescata dalle ondate di piena dei tanti corsi d’acqua che scivolano verso le pianure dell’India settentrionale e del Bangladesh nei mesi estivi. Molti dei sedimenti trasportati da questi fiumi vengono persi visto che vanno a finire in mare, tra l’oceano Indiano e il golfo del Bengala, depositando enormi banchi di sabbia sui fondali marini, come quelli antistanti la grande foce del Gange.

L’attività di questo grande sistema di faglie potrebbe generare in futuro degli eventi sismici molto forti che scuoteranno l’intero altopiano tibetano e il nord dell’India, incluso lo stato del Nepal e la popolosa capitale Kathmandu. Entrambe le regioni sono situate al confine settentrionale della placca indiana, il cui costante movimento verso nord provoca terremoti e la crescita dell’altopiano tibetano. L’ultimo terremoto che ha colpito l’Himalaya risale al 18 Settembre 2011, quando un sisma di magnitudo 6.8 Richter, localizzato nello stato indiano del Sikkim, ha scosso la terra fra Nepal, Tibet e India. La scossa fu talmente potente che causò delle slavine lungo i ripidi pendii dell’Everest e smottamenti sul versante meridionale himalayano.

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